Il campo di concentramento di Tossicia


La storia del campo di Tossicia è legata al progetto di epurazione di sinti e rom in Istria. Ne aveva già parlato Rave Hudorovic:

“Poi un giorno eravamo fermi in un posto, Rasuplje si chiama, e sono arrivati gli italiani. Eravamo molti sinti insieme, cinquanta persone, forse più. C’era tutta la famiglia di mia moglie. Sono venuti in camion e hanno detto «preparatevi che andiamo a Lubiana». Ognuno ha fatto il suo fagotto e via […] Quando siamo arrivati a Lubiana ci hanno detto che ci portavano in Italia e noi siamo stati molto contenti. A Lubiana ci hanno messo insieme a tanti altri sinti. Siamo stati a Lubiana per una settimana, poi in treno fino a Tossicia, vicino Teramo. Non mi ricordo di preciso che mese era, ma era estate, forse luglio. A Tossicia sono stato diciotto mesi […] a Tossicia eravamo tutti i sinti insieme […] un giorno abbiamo sentito che erano arrivati i tedeschi e noi via in montagna. Da Tossicia fino a Bologna, mai in pianura ma sempre in montagna. In montagna siamo stati insieme ai ribelli partigiani. A piedi si andava sempre anche quando dovevo attraversare i corsi d’acqua, portavo Anton in spalla, dovevo attraversare, perché senno mi prendevano i fascisti…quelli ammazzavano la gente”.

Lo ha confermato il racconto di Giuseppe Levakovic:

“Qui a Teramo incontrammo una Romnì che andava a mendicare […] Ci raccontò che era nel campo di concentramento con circa ottanta persone originarie della jugoslavia che erano state prese vicino Trieste. I rom chiusi lì dentro vivevano in condizioni miserevoli, in baracche e dormivano per terra anche senza giaciglio, avevano poco mangiare e razionato”.

Il campo di Tossicia era composto da tre stabili. Due di essi, quello di proprietà di Giulio De Fabii e di Francesco Mattei e quello di proprietà dell’avvocato Domenico Mirti, entrambi in piazza Regina Margherita, vennero adibiti a campo di concentramento nel giugno 1940. Mentre i locali di proprietà di Alfredo Di Marco vennero presi in affitto, dal Ministero dell’Interno, solo nel novembre 1941. Il campo venne diretto fino alla sua chiusura dal podestà Nicola Palumbi, coadiuvato dal vice podestà Mario Franceschini e dal segretario comunale Michele Marano. La vigilanza era garantita dal maresciallo e dai quattro carabinieri della locale stazione, che si trovava a circa cinquanta metri dai primi due edifici. I primi deportati arrivarono a Tossicia nell’agosto 1940, ed erano quasi tutti ebrei tedeschi. Il 16 settembre, dopo l’arrivo di alcuni cinesi, il campo raggiunse le 27 presenze. Nel mese successivo altri cinesi vennero inviati dal Ministero dell’Interno, a Tossicia e il campo, nel novembre 1940, risultava quasi interamente occupato da 112 internati. Nel corso del 1941, i pochi internati di nazionalità tedesca vennero trasferiti, ed a Tossicia rimasero solo i cinesi. Il campo, nei primi mesi del 1942, risultava oramai completo, gli internati, costretti a vivere in poco spazio e in pessime condizioni igieniche, iniziarono a dare segni di insofferenza.

Il 16 aprile 1942, sei cinesi, affetti da scabbia, vennero allontanati dal campo. Un mese dopo, i cinesi internati a Tossicia furono trasferiti al campo di Isola del Gran Sasso. In seguito al trasferimento dei cinesi il campo rimase vuoto fino al 22 giugno, quando arrivarono i primi 35 «zingari» provenienti da Lubiana. Nel luglio successivo altri «zingari» vennero inviati a Tossicia, e il campo, nell’autunno 1942, raggiunse le 115 presenze. Erano tutti rom e sinti slavi ed il prefetto istriano Berti poteva dichiarare in quello stesso anno di aver ripulito l’Istria dalla presenza di «zingari». 

Nel gennaio del 2013 anche a Tossicia il progetto Memors, in collaborazione con il comune, ha posto una targa a ricordo delle famiglie internate in quel luogo. Ha scoperto la targa Giorgio Bezzecchi, il figlio di Goffredo Mirko Bezzecchi, uno degli ex internati. Le famiglie che furono chiuse in quel luogo si chiamavano: Brajdic, Hudorovic, Levakovic, Rajhard (Reinhardt) e Malovac. Le liste dei 108 rom e sinti internati in quel campo dal 1942 erano state per la prima volta pubblicato nel 1985 da Italia Iacoponi nel saggio comparso all’interno della «Rivista abruzzese di studi storici dal fascismo alla resistenza».

I documenti del campo di concentramento di Tossicia:

Riferimenti:

Testimonianze raccolte e pubblicate nel 1983 da Jane Dick Zatta con il titolo La storia di Rave e frammenti riproposti in M. Karpati, La politica fascista verso gli zingari, op. cit., p. 43.

La testimonianza di Benito Brajdic

Benito Brajdic, come spiega questo documento, nacque mentre i suoi genitori erano prigionieri nel campo di concentramento di Tossicia.

La testimonianza di Goffredo Mirko Bezzecchi

Goffredo Mirko Bezzecchi appartiene ad una delle famiglie che ha affrontato la prigionia a Tossicia, provenienti dalla zona dell’Istria.


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