Tadeusz Joachimowski, custode dei nomi dei rom e sinti di Auschwitz-Birkenau


Il libromastro dello Zigeunerlager

La persecuzione nazista di rom e sinti, avviata in Germania nel 1933 con pratiche di sterilizzazione forzata, è proseguita con le misurazioni antropometriche e con la prigionia nei campi di concentramento, fino al 16 dicembre 1942, quando un ultimo decreto firmato da Heinrich Himmler indicava Auschwitz-Birkenau come il luogo di destinazione finale per le persone appartenenti alla “categoria zingari”, descritti come razza inferiore e da eliminare. Dal febbraio del 1943, ai convogli che trasportavano i deportati delle comunità ebraiche di tutta Europa, si aggiunsero i vagoni che trasportavano sinti e rom segnati, secondo le teorie razziali naziste, da un’asocialità ed un istinto al nomadismo ereditari e dunque estirpabili soltanto con la morte. A Birkenau, coloro che avevano sul braccio la matricola con l’iniziale Z (zingaro) erano imprigionati nel settore del campo BIIe, chiamato anche il “campo degli zingari” all’interno del quale si trovava il laboratorio di Josef Mengele che utilizzava i bambini rom e sinti come cavie per i suoi esperimenti. 

Tadeusz Joachimowski (matricola 3720), sopravvissuto polacco ad Auschwitz, era il prigioniero incaricato di segnare su due libri, gli ingressi di sinti e rom in quel luogo: su un libro le donne e sull’altro gli uomini. Nell’istante in cui avveniva la registrazione, quelle persone perdevano definitivamente la propria identità e diventavano un numero. Sono stati 23mila i prigionieri sinti e rom di Auschwitz il cui nome è stato trascritto su quei volumi tra il febbraio 1943 ed il 2 agosto 1944.

 

La notte del 2 agosto, il settore BIIe di Birkenau fu totalmente liquidata e attraverso le fiamme del crematorio scomparvero gli ultimi 4000 rom e sinti presenti nel campo di sterminio di Birkenau.  Dall’agosto del 1944 nessuno ebbe più modo di conoscere il nome dei sinti e rom uccisi in quel campo. 

Il 13 gennaio 1949, Tadeusz Joachimowski, il prigioniero che aveva registrato migliaia di nomi e numeri, tornò nel luogo della sua prigionia ed indicò con sicurezza il posto in cui, nell’estate del 1944, insieme ai compagni di prigionia Irenuesz Pietrzyk (matricola 1761) ed Eryk Porebski (matricola 5805), aveva sotterrato un vecchio secchio di latta con dentro il libro-mastro dello Zigeunerlager (campo degli zingari) di Birkenau, avvolto in degli stracci, prima che quell’area del campo di sterminio fosse totalmente liquidata. Lo scavo avvenne nei pressi della baracca 31 ed il secchio tornò alla luce insieme a quelle pagine dense di nomi e di storie interrotte. 

Oggi quel libro, ristampato e diviso in due volumi, è posto all’ingresso del blocco 13 di Auschwitz 1, dove una mostra racconta la strada di persecuzione, deportazione e sterminio di sinti e rom in Europa e riconsegna simbolicamente ad ognuno dei visitatori, quei 23mila nomi di uomini, donne e bambini che hanno smesso di essere soltanto “numeri”. La storia, ha testimoniato un giorno Tadeusz di fronte ad alcuni studenti, è sempre questione di scelte personali e di coraggio.

Contributo a cura di Luca Bravi 


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